Ciao Leggenti e Preleggenti,
questo è il numero 21 di First Draft - casa madre dei miei progetti editoriali.Che cosa troverete in questa newsletter? Be' si chiama First Draft, cioè Prima Bozza, dunque un po' lo spettro, l'imbastitura e il work in progress del mio lavoro di giornalista, autore e podcaster. E del mio essere umano, sì, perché pare che sia un essere umano. (qui metteteci una faccina tipo lol!). In poche parole, First Draft è una newsletter che instilla dubbi. Per le risposte c’è tempo. Se ti va di sostenermi, fai una donazione su Paypal!
Più libri più liberi specchio di molti guai della cultura e della società italiana
Prima che la fiera della piccola e media editoria, Più libri più liberi, esplodesse con i fatti più noti, volevo scrivere della scelta di molte case editrici di disertarla.
La protesta degli “altri”
Effequ, Moscabianca, e altre sigle che ho sempre apprezzato, denunciano infatti che il fatturato entro il quale l’Aie riconosce come media l’editoria è in realtà qualcosa di faraonico, al punto da giustificare gli eventi più di richiamo e anche i costi esorbitanti per l’affitto delle sale-evento e degli stessi stand, che tanto incidono sul bilancio delle piccole imprese. Oltra a intasare e distrarre i librai in un periodo economicamente rilevante come quello natalizio. In tal senso pare che il prossimo anno si cambi mese.
Il politicamente corretto ha fatto qualcosa di buono?
Come sappiamo, però, il cerchio magico del pensiero politicamente corretto che ben si inquadra nel quadrilatero romano, ha sberciato. Il filosofo Leonardo Caffo, in attesa di giudizio per maltrattamenti e lesioni alla sua compagna, era stato invitato dalla direttrice artistica della fiera, Chiara Valerio, per un panel in cui avrebbe ragionato dei suoi argomenti, specie della sua visione di anarchia.
Ma come, una delle tre ancelle del politically correct all’italiana, insieme alla compianta Michela Murgia e alla linguista militante, Vera Gheno, scivola su questo grossolano errore, proprio nell’edizione dedicata a Giulia Cecchetin? Più dell’ideologia avrebbe fatto l’amichettismo, secondo molti.
A questo punto il Gran Visir degli Indignati, Zerocalcare, si è fatto sentire, dicendo che avrebbe rinunciato al panel cui era invitato, ma non ai firmacopie, per rispetto di fan e di chi lavora anche grazie a lui. E poi ha aggiunto che comunque Caffo, non essendo stato giudicato ancora, avrebbe avuto in qualche modo ancora “diritto di parola”. Come se non fossimo in uno stato di diritto e come se anche chi è condannato in via definitiva non avesse la possibilità di esprimersi.
Continuiamo a cadere nella spirale del processo “morale”
Interessante anche il fatto che Valerio abbia chiesto scusa, abbia eliminato il panel - sebbene con qualche resistenza, in nome del garantismo, ma sappiamo che certi processi da chi non è nella nostra schiera, non ottengono nemmeno questa forma di pietà - e abbia infine concesso tre sale alle associazioni che si occupano del contrasto alla violenza delle donne. Niente. Anche Vera Gheno ha fatto un passo di lato perché la scelta era inopportuna, pur “con tutto il garantismo del mondo”.
Mi ha molto colpito anche la riflessione di Maschi del futuro:
È possibile nell’ambito del lavoro distinguere tra la lealtà personale e la lealtà al compito che ci è stato assegnato? Credo che sia possibile, che sia necessario. Ed è innegabile che in Italia abbiamo un problema enorme in materia.
E infine: è possibile sbagliare? Sì. Deve essere possibile sbagliare, si deve poter continuare a lavorare insieme in presenza del conflitto, e si deve avere un enorme rispetto di chi, con pazienza, usa la propria voce e il proprio corpo per mediare e per riparare.
Io immagino che Caffo abbia le risorse per affrontare il processo, come anche la controparte. Però mi chiedo: in un momento di bufera, con i costi che comporta avere giustizia in Italia - ma anche semplicemente affrontarla, la giustizia, e ripetiamolo: nel caso di una persona ancora in attesa di giustizia - è giusto fare il vuoto pneumatico intorno a una persona, in modo che non possa neanche guadagnare e tenersi a galla almeno per affrontare il processo? Ci dobbiamo fermare alla morale?
Diciamoci la verità: è successo qualcosa in seguito alla quale abbiamo fatto diventare esclusiva della destra il concetto di “garantismo”.
Il nodo economico
A parte le case editrici che si sono sfilate, una fiera come quella di Roma rappresenta una grande opportunità per molti editori e soprattutto per molti autori. Emblematiche le parole del “collega” di Zerocalcare alla Bao, Daniel Cuello, riferite da Wired.
“Vorrei avere il privilegio economico (perché è un tema anche questo). Ma non posso. Perché è parte importante del mio lavoro, ho un affitto da pagare. Il doppiopesismo di Valerio mi ha causato un cortocircuito logorante”.
Il corto circuito della sinistra intellettuale, che mentre si dilania e si annienta sul politicamente corretto permette al peggior governo della storia democratica di fare sfoggio dell’intellettualismo di Julius Evola, resta impigliato mortalmente nelle sue contraddizioni.
C’è un passaggio dell’articolo di Liliana Segre sul Corriere della sera di venerdì 29 dicembre che credo chiarisca molto il paradosso.
Il “nodo” Segre
(…) Eppure, o ti adegui e ti unisci alla campagna che tende ad imporre l’uso del termine «genocidio» per descrivere l’operato di Israele nella guerra in corso nella Striscia di Gaza, o finisci subito nel mirino come «agente sionista». Le cose in realtà sono più complesse e colpisce che alcuni tra i più infervorati nell’uso contundente della parola malata si trovino in ambienti solitamente dediti alla cura, talora maniacale, del politicamente corretto, del linguaggio sorvegliato che si fa carico di tutte le suscettibilità fin nelle nicchie più minute.
Questa è la campana a morte del lato negativo dei radical chic, nonché la sua causa di autoestinzione. Guardatevi un po’ intorno… Non mi sembra che le sole battaglie per i diritti “aspirazionali” abbiano giovato alla sinistra, neanche a quella progressista.
Poi, vabbè, è un mio punto di vista. Siamo usciti giustamente estasiati dalla visione de “Berlinguer - La grande ambizione”, dato che siamo nel “nodo” e direi pure nel “lotto” Segre. Dei tanti momenti nobili di quel film, credo possa essere paradigmatico il momento in cui, vicino alla grande affermazione del referendum sul divorzio. Sempre dirimente sì la lotta sociale, ma un passo indietro quella economica. Altrimenti la persona divorziata, la persona di qualsiasi genere, la persona di estrazione popolare o piccolo-borghese, la persona lavoratrice… non riuscirà ad emanciparsi come persona. A me il concetto sembra semplice, ma forse i cosiddetti “comunisti col Rolex”, non hanno alcun interesse a parlare di questo.
Come pure io, un po’, mi annoio a parlare di cose riguardanti aspetti della società che ho acquisito da vent’anni, ma se continuate a votare governi improbabili e premiare prodotti culturali mediocri, come dire, “ci danno le piste”.
Vabbè, ma alla fine ci vai o no alla Nuvola
Sì, ci vado alla Nuvola. Sarei comunque rimasto fuori dal quadrilatero di Roma, non ho il mio mecenate, non faccio parte di alcuna consorteria. Penso che più di così Chiara Valerio non potesse fare per tentare di recuperare un po’ una cosa che sarebbe stato opportuno proprio non concepire. Ma. A me dialogare in maniera costruttiva con gente che non vede il mondo spiccicato a come lo vedo io non dispiace. E poi. Fuori dalla provincia, è un modo per conoscere direttamente gli editori, avere scambi culturali di grande qualità e farsi ispirare da nuove infinite storie. Inoltre, aggiungo anche che un certo livello etico è necessario, ma non sempre guardiamo etichetta e ingredienti di un prodotto. È vero, dovremmo avere un atteggiamento più critico. Ma tutti i concerti cui abbiamo assistito, i libri che abbiamo letto, gli artisti che abbiamo apprezzato, ecco… abbiamo passato alla lente sempre tutto? E le nostre gambe restavano ferme? Chapeau.
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